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gennaio 05, 2025     |

 

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Il trattamento chemioterapico insieme con il trattamento chirurgico e radioterapico rappresentano i cardini della cura per la malattia tumorale. Solo cinquanta anni fa non esisteva alcuna terapia medica valida per i tumori maligni; le neoplasie venivano scoperte in seguito alla comparsa di segni o sintomi e ormai disseminate avevano una prognosi invariabilmente fatale entro breve tempo dalla diagnosi.

Oggi la situazione fortunatamente è cambiata: il controllo di fattori di rischio accertati, le diagnosi effettuate più precocemente, la disponibilità di numerosi farmaci di dimostrata efficacia hanno permesso di prolungare la sopravvivenza globale nei pazienti responsivi.                 

I farmaci classificati come chemioterapici sono ormai numerosi. Vengono somministrati più frequentemente per via sistemica (endovenosa, orale, sottocutanea, intramuscolare) o in maniera più localizzata (intra-arteriosa, intraperitoneale o intra-tecale). Questi farmaci vengono utilizzati per ridurre le dimensioni di una malattia tumorale possibilmente operabile (trattamento chemioterapico neoadiuvante), per abbassare il rischio di ricomparsa di malattia in sede loco-regionale o a distanza dopo un trattamento chirurgico o radioterapico (chemioterapia adiuvante), per controllare una malattia già presente e disseminata. In questo ultimo caso si parla di chemioterapia di I, II, III linea. Nel caso di tumore polmonare, tutte e tre le finalità sono perseguibili.

Per quasi tutti i trattamenti è necessario personalizzare i dosaggi (generalmente calcolando la superficie corporea del paziente) associando opportune pre-medicazioni (farmaci aggiuntivi non chemioterapici) al fine di contenere entro limiti accettabili gli effetti tossici sistemici. Infatti ogni chemioterapia alle dosi adeguate si accompagna ad effetti collaterali sui tessuti sani: tossicità ematologica (riguarda la linea eritrocitaria, leucocitaria e piastrinica), nausea, vomito, perdita dei capelli, solo per citarne alcuni. I farmaci antitumorali tradizionali sono stati selezionati attraverso programmi di studio mirati a valutarne l’effetto in vivo negli animali e in vitro su linee cellulari (vedi in questo sito “Saperne di più per sentirsi meglio”).

Si parla di monochemioterapia o polichemioterapia a seconda che si utilizzi un solo farmaco oppure 2, 3 o 4 farmaci in combinazione.  Nel tumore del polmone la monoterapia si utilizza più spesso in presenza di una seconda linea di trattamento oppure in combinazione con la  radioterapia al fine di potenziarne l’efficacia.

Attualmente, la maggior parte dei farmaci antitumorali usati in clinica agiscono con meccanismo di tipo citotossico (provocando danno e morte cellulare). Questi farmaci sono diretti contro bersagli molecolari generali, espressione dei processi vitali di ogni cellula, rappresentati principalmente dal DNA e dai microtubuli. Tra i farmaci antiproliferativi in uso ricordiamo i derivati del platino, gli antimetaboliti, i taxani, gli alcaloidi della vinca, le camptotecine, solo per citare alcune classi.

Negli ultimi anni numerose ricerche hanno fornito dati su meccanismi molecolari, ancora in parte ignoti, che stanno alla base di vari eventi biologici della cellula, inclusi la sensibilità  e la resistenza ai farmaci. Ciò ha condotto alla individuazione di nuove molecole coinvolte nella promozione, nella trasformazione neoplastica e nella progressione dei tumori, che possono costituire nuovi bersagli molecolari contro i quali dirigere agenti estremamente mirati. La scelta della chemioterapia da usare nel singolo soggetto è un atto medico di fondamentale importanza, che richiede un’approfondita conoscenza del paziente sia da un punto di vista clinico che psicologico, una specifica cognizione del programma terapeutico da usare e non ultimo la competenza di integrare correttamente i trattamenti chemioterapici convenzionali con le nuove terapie molecolari.







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