DIAGNOSTICA IN ONCOLOGIA
La diagnostica oncologica, oltre che sull’anamnesi (la raccolta della storia clinica del paziente) e sull’esame obiettivo ( la visita del paziente), si basa su esami radiologici, ematologici e anatomo-patologici (questi ultimi analizzano materiale biologico prelevato e e/o raccolto durante il percorso diagnostico).
1. Radiografia del torace
La radiografia del torace è tuttora uno dei primi esami eseguiti per l’inquadramento della patologia. La sua esecuzione è molto semplice, breve e assolutamente indolore per il paziente. Con la radiografia del torace si possono identificare le lesioni polmonari senza però poterne indicare con chiarezza la natura, i rapporti con le altre strutture e i concomitanti ingrandimenti dei linfonodi (ghiandole presenti anche nello spazio compreso tra i due polmoni, chiamato mediastino), il cui eventuale coinvolgimento nella malattia tumorale può essere elemento importante nelle decisioni terapeutiche. La radiografia del torace non è un esame preciso quando si debbano valutare lesioni polmonari di piccole dimensioni, soprattutto se localizzate in quelle che, per questo esame vengono definite “aree buie” (dietro il cuore, dietro la clavicola, vicino allo spazio mediastinico, etc…..)
2. TC (Tomografia Computerizzata) basale e con mezzo di contrasto
L’esame TC è caratterizzato da una maggior sensibilità e specificità rispetto alla radiografia del torace. Negli ultimi anni, poi, la possibilità di ricorrere a TC con acquisizione “spirale” dell’immagine ha consentito ricostruzioni tridimensionali continue, che non risentano degli artefatti da atto respiratorio o da movimento. La TC spirale è una tecnica dotata di grande sensibilità e specificità grazie alla sua capacità di minimizzare le alterazioni delle immagini provocate dalla respirazione. Nel percorso diagnostico il paziente con sospetto tumore polmonare viene solitamente sottoposto ad esame TC con l’infusione endovenosa di mezzo di contrasto organo-iodato. Prima dell’esecuzione dell’esame è necessario effettuare esami ematochimici (di sangue) compresivi della funzionalità renale (cretinina sierica) e della valutazione del quadro proteico elettroforetico (indicato sugli esami come QPE). Il giorno dell’esame al paziente viene richiesto il digiuno dal cibo (e non dai farmaci che regolarmente assume) da almeno 6 ore prima dell’infusione del contrasto. Per i pazienti con problemi delle funzionalità renale può essere utile effettuare un’idratazione con infusione di circa 100cc di soluzione fisiologica prima e dopo l’esame, a discrezione del medico radiologo.
Spesso, se vi è un sospetto di tumore polmonare, lo studio TC non viene fatto solo a livello toracico, ma esteso anche all’encefalo e all’addome superiore, in modo da poter valutare i più frequenti siti di metastatizzazione (fegato, surreni, encefalo, ossa).
A livello toracico, variando l’intensità delle radiazioni utilizzate, si ottengono immagini specifiche per valutare meglio il parenchima polmonare (“finestre parenchimali”) oppure cuore e grossi vasi, linfonodi mediastinici, esofago e trachea (“finestra mediastinica”).
L’indagine TC, rispetto alla radiografia del torace, consente di identificare anche lesioni di piccole dimensioni e in alcuni casi di discriminare con elevata precisione tra lesioni a impronta francamente infettiva (focolai di polmonite), patologie dell’interstizio polmonare o neoplasie, sebbene solo sulla base di criteri radiologici.
3. Risonanza Magnetica (RM)
La risonanza magnetica è poco utilizzata nel percorso diagnostico di un paziente con sospetto di tumore del polmone. In ambito oncologico polmonare la risonanza magnetica, oltre che nella valutazione dei pazienti intolleranti al mezzo di contrasto iodato, trova indicazione:
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nello studio dell’encefalo e delle meningi in caso di sospetta metastatizzazione in tali sedi o per decidere il migliore approccio terapeutico in pazienti con metastasi accertate in tali organi
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nella valutazione della colonna vertebrale e di eventuali infiltrazioni del canale midollare da parte della neoplasia
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nella stadiazione loco-regionale (ossa e vasi) dei cosiddetti tumori di Pancoast ovvero quelli siti in sede polmonare apicale posteriore, con possibile infiltrazione delle strutture circostanti;
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nella valutazione dei tumori mediastinici (per esempio i timoni)
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nella valutazione degli esiti della radioterapia sul polmone.
La RM è controindicata in pazienti portatori di pace-maker, protesi metalliche o affetti da claustrofobia (alcune macchine per RM più nuove hanno strutture ad arco e ampiamente aperte alle estremità).
4. Tomoscintigrafia globale corporea ad emissione di positroni (PET)
La PET è una tecnica in cui le immagini vengono ottenute dopo la somministrazione endovenosa di radio-farmaci (come l’FDG, fluorodesossi-glucosio) che emettono positroni. La principale differenza rispetto alla TC e alla RM è quella di fornire immagini funzionali, cioè tali da rispecchiare l’attività metabolica presente in una determinata area dell’organismo (“quanto la malattia è attiva”). Questo è possibile poiché le cellule tumorali sono caratterizzate da un aumentato metabolismo con ampio utilizzo di glucosio, che favorisce la loro rapida crescita e proliferazione.
La “captazione” del FDG da parte della cellula è tanto più intensa quanto maggiore è la sua attività metabolica. Esistono criteri PET in base ai quali è possibile distinguere, per esempio, un processo infiammatorio da uno tumorale.
Per l’esecuzione dell’esame il paziente deve presentarsi a digiuno da almeno 6 ore e viene sottoposto a un controllo della glicemia, cioè della quantità di zuccheri circolante nel sangue (che dopo il digiuno è generalmente bassa, in modo che le sue cellule siano costrette ad assorbire il mezzo di contrasto radiomercato iniettato prima dell’esame). Più attenzione va posta nei confronti dei soggetti diabetici, per i quali i valori di glicemia mattutina dovrebbero essere inferiori ai 180 mg/dL. Nei diabetici il glucosio che è disponibile nel sangue in eccessiva quantità potrebbe essere assorbito dalle cellule al posto del FDG, inficiando il risultato dell’esame.
Una volta sottoposto alla PET, nelle successive 24 ore il paziente non dovrebbe stare vicino a bambini o donne in gravidanza, a causa della radioattività del mezzo di contrasto utilizzato.
Alcune indicazioni all’uso della PET con FDG in oncologia polmonare:
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La diagnosi differenziale (cioè distinguere) tra noduli polmonari benigni e maligni, anche se per lesioni inferiori a 1 cm di diametro non si è ancora raggiunta una specificità tale da rendere l’indagine efficace a 100%
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La ricerca di eventuali metastasi in pazienti con diagnosi di carcinoma polmonare. Va sottolineato che per la ricerca di metastasi cerebrali o lo studio delle stesse la PET non è l’esame di scelta (l’elevato consumo di glucosio da parte del tessuto cerebrale non consente una buona lettura dell’esame)
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La diagnosi differenziale tra cicatrici parenchimali e recidive di tumore in pazienti già sottoposti a precedenti terapie (chirurgia, chemioterapia, e/o radioterapia) per carcinoma polmonare.
Dettagli:
- Ci sono alcuni tipi di tumore polmonare che risultano falsamente negativi alla PET, ossia l’esame PET non evidenzi la captazione pur essendovi malattia dimostrata. Un esempio sono i carcinomi bronchioloalveolari (BAC).
- Molte strutture sono oggi dotate di un macchinario TC-PET. Il vantaggio che deriva dal combinare le due tecniche è notevole.
5. Scintigrafia ossea
La scintigrafia ossea può rientrare tra gli esami “di completamento” nella diagnostica polmonare ed è preposta a identificare eventuali secondarietà ossee (metastasi ossee) in qualsiasi distretto corporeo. Per l’esecuzione dell’esame non è necessario che il paziente sia a digiuno. Nelle 24 ore dopo l’esecuzione dell’esame, il paziente deve evitare contatti con bambini e donne in gravidanza, poiché viene utilizzato un mezzo di contrasto radiomercato. Subito prima dell’esame viene raccomandata una buona idratazione: in genere si richiede al paziente di portare con sé una bottiglia di 1,5 L di acqua naturale, per facilitare l’escrezione renale del contrasto.
6. Ecografia
Durante l’esecuzione di questo esame non vengono emesse radiazioni ionizzanti, bensì ultrasuoni. L’impiego dell’ecografia in oncologia polmonare è molto limitato. Le principali indicazioni all’utilizzo dell’ecografia nella diagnostica oncologica polmonare sono:
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identificazione di falde(raccolta) di versamento pleurico, con la possibilità inoltre di creare una sorta di guida radiologica per le procedure di aspirazione e drenaggio;
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valutazione di masse e raccolte fluide diaframmatiche (il diaframma è quel muscolo che separa il torace dall’addome) e infradiaframmatiche e differenziazione dalle piccole raccolte pleuriche;
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valutazione di lesioni dubbie a livello addominale (ad esempio epatiche o surrenaliche) qualora la TC o la PET non fossero dirimenti.
Per quanto riguarda le indagini citologiche (studio delle cellule da parte dello specialista anatomo patologo) nella diagnostica oncologica, l’interpretazione delle anormalità citologiche varia in dipendenza dall’origine del materiale esaminato e dalla tecnica con cui viene ottenuto. Alcuni esempi: il citologico su escreato, il lavaggio bronchiale e il brushing (spazzolato) bronchiale (questi ultimi si ottengono in corso di Esame Broncoscopico – vd. avanti).
a. Esame citologico su espettorato
Spesso cellule e altro materiale adatti per l’esame citologico vengono ottenuti tramite l’ispettorato spontaneo (il catarro emesso al mattino) o indotto. L’esame è semplice, assolutamente indolore e di rapida esecuzione. Dopo essersi sciacquato al bocca con acqua, il paziente viene invitato a compiere un forte colpo di tosse e a espettorare all’interno di uno specifico recipiente, detto matraccio; qualora vi siano difficoltà nell’espettorazione si può effettuare precedentemente un aerosol con semplice soluzione salina riscaldata in modo da facilitarla. Il momento migliore per la raccolta dei campioni è il mattino, appena dopo il risveglio, quando le secrezioni si sono accumulate nell’albero bronchiale dopo la prolungata posizione supina notturna.
Generalmente, si richiede di raccogliere tre campioni, ciascuno da porsi in un singolo matraccio e da coprire con una piccola quantità di alcool denaturato, che agisce da fissante permettendo la conservazione per diversi giorni, che vanno conservati in frigo. Non è detto che l’esame sia sempre diagnostico, in quanto tratta di una metodica non particolarmente “precisa” e in cui il materiale raccolto può essere contaminato. Inoltre se il tumore è localizzato in periferia e non a ridosso dell’albero bronchiale, è difficile che questo esame risulti dirimente ai fini della diagnosi.
b. Fibro-broncoscopia
La broncoscopia permette di visionare direttamente l’albero bronchiale grazie all’ausilio delle fibre ottiche (fibrobroncoscopia). L’esame viene attuato tramite un broncoscopio, un tubo flessibile corredato di fibre ottiche all’estremità che consente, passando attraverso le cavità nasali o la bocca, di raggiungere i bronchi ed esaminare la struttura alla ricerca delle anomalie. La fibrobroncoscopia viene eseguita ambulatorialmente previa somministrazione di una piccola dose di anestetico locale per sedare il riflesso della tosse. Il paziente deve presentarsi a effettuare l’esame digiuno dal cibo e dopo aver sospeso, qualora lo assumano, la terapia anticoagulante (per esempio aspirina) da almeno 5 giorni per ridurre al minimo il rischio di sanguinamento correlato all’esame stesso. In alcuni casi vi può essere indicazione a eseguire la broncoscopia con broncoscopio rigido (per esempio per asportare eventuali corpi estranei o disostruire i bronchi) e in questo caso la manovra viene svolta in sala operatoria, il paziente viene anestetizzato re si rende necessaria una visita anestesiologica prima dell’esame e talora il ricovero ospedaliero.
Nel corso dell’esame broncoscopico è possibile effettuare:
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Lavaggio bronchiale. Consiste nella raccolta di liquido delle vie aeree previa instillazione di 5 ml di soluzione fisiologica. E’ utile non solo nella diagnosi di carcinoma, ma anche nelle malattie polmonari infettive e/o interstiziali.
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Lavaggio bronco alveolare (BAL). Ha il fine di prelevare componenti del parenchima polmonare e cellulari; si esegue instillando nell’albero bronchiale un massimo di 100-300 cc di soluzione salina, della quale viene recuperato, con una delicata aspirazione, il 40%-60%.
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Brushing (spazzolato) bronchiale. Nell’ambito della broncoscopia è possibile inserire, attraverso il broncoscopio, una sorta di piccolo spazzolino all’estremità. Questo viene strisciato sulle pareti bronchiali, allo scopo di ottenere un campione cellulare.
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Biopsia bronchiale e transbronchiale. Il ruolo principale della biopsia bronchiale, attuata mediante una piccolissima pinza introdotta attraverso il broncoscopio con un’estremità deputata al prelievo di campioni di tessuto., è quello di ottenere un campione tumorale. Biopsie bronchiali multiple eseguite su lesioni apprezzabili microscopicamente conducono alla diagnosi nel 95% circa dei casi. In corso di broncoscopia è poi possibile passare con un ago attraverso la mucosa bronchiale fino ad arrivare ai linfonodi (sottocarenali e paratracheali). Le complicanze derivanti dalle biopsie in broncoscopia sono solitamente minime e constano per lo più di emottisi (emissione di sangue dalla bocca) momentanea e di scarsa entità.
c. Agoaspirato con ago sottile sotto guida TC.
L’aspirazione con ago sottile consente di prelevare singole cellule o gruppi di cellule. La tecnica ha alta affidabilità e consente un minimo disagio per il paziente. La procedura può essere svolta ambulatorialmente se il paziente non è affetto da patologie concomitanti (per esempio importanti cardiopatie) che impongano particolari cautele. Il paziente deve presentarsi a digiuno il giorno dell’esame, avendo sospeso nei giorni precedenti le eventuali terapie anticoagulanti in corso (per esempio aspirina) per ridurre al minimo il rischio di emorragia. Sotto guida TC un ago viene introdotto attraverso la parete toracica, previa anestesia locale, allo scopo di penetrare nella lesione da studiare e aspirare del materiale cellulare da analizzare. La stessa manovra è possibile anche su sospette metastasi epatiche o surrenaliche.
Le controindicazioni all’esecuzione dell’FNA sono: ipertensione polmonare grave, disordini ematici e della coagulazione e incapacità del paziente a sopportare un eventuale pneumotorace (collasso del polmone esaminato), che rappresenta la complicanza più comune. Per quanto riguarda la resa diagnostica, essa è maggiore nelle lesioni periferiche rispetto a quelle centrali e per le neoplasie di ampio volume rispetto a quelle più piccole.
d. Esame citologico su liquido pleurico
In caso di presenza di versamento pleurico un’ulteriore via per giungere alla diagnosi consiste nell’aspirazione di parte del liquido pleurico per sottoporlo ad analisi. Il prelievo di liquido pleurico viene effettuato mediante toracentesi, che consiste nell’introduzione, previa anestesia locale, di un ago nello spazio pleurico. In caso di versamenti di modesta entità, la procedura può essere effettuata anche con guida ecografia o previa “centratura” ecografia, cioè valutazione del punto di inserimento dell’ago. Il liquido pleurico così estratto viene inserito in un contenitore e inviato in laboratorio.
La toracentesi ha anche una valenza terapeutica: consente infatti di drenare versamenti pleurici di significativa entità con un immediato miglioramento nella respirazione del paziente.
La complicanza più frequente della manovra è costituita dalla formazione di una falda di pneumotorace (ovvero presenza di aria libera nel cavo pleurico). Per questo è consigliabile effettuare una radiografia del torace di controllo, subito dopo la toracentesi stessa.
Qualora con tutte le indagini sino ad ora esposte non si riescano a ottenere una precisa diagnosi istologica e/o una corretta stadiazione della malattia, è necessario ricorrere a manovre di pertinenza chirurgica. Tutte queste indagini necessitano di consulenza anestesiologica e comportano il ricovero del paziente. Queste indagini non sono effettuate di routine, ma nolo nel caso di reale necessità e comprendono:
1. Mediastinoscopia cervicale.
Consente, tramite un’incisione a livello del giugulo,, di esplorare la metà superiore del mediastino compresi tessuti che circondano la porzione intratoracica della trachea, la biforcazione tracheale e la porzione prossimale del bronchi principali.
2. Mediastinoscopia cervicale estesa.
Consente di valutare stadiazioni linfonodali aggiuntive rispetto alla precedente.
3. Mediastinoscopia anteriore.
Ha una cicatrice di accesso più ampia delle precedenti e consente anche una valutazione della operabilità di carcinomi del lobo superiore sinistro.
4. Toracoscopia video assistita (VATS)
Consente, tramite l’inserimento di uno strumento a fibre ottiche attraverso una piccola incisione nella parete toracica, di esaminare direttamente la pleura viscerale e parietale e di eseguire biopsie pleuriche mirate.