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gennaio 05, 2025     |

 

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Valutazione critica in merito allo studio di fase III (Sandler A, Johson DH, NEJM 2006) in cui si confronta l’efficacia del Bevacizumab quando associato a trattamento chemioterapico standard di I linea con Carboplatino e Taxolo verso la stessa combinazione da sola.

 

L’angiogenesi:
L’angiogenesi è uno dei principali meccanismi implicati nella proliferazione cellulare sia a livello dei tessuti sani che di quelli tumorali dove è solitamente iperespressa. Sembrerebbe infatti che proliferazione (cioè moltiplicazione) e metastatizzazione (cioè disseminazione a distanza delle cellule) tumorale siano correlati all’iperattività del VEGF (vascular endotelial growth factor = fattore di crescita endoteliale). Il VEGF è solo uno dei tanti fattori implicati nell’angiogenesi ed esistono teoricamente molti meccanismi ed alcune molecole in grado di inibirlo.

 

Premesse sul Bevacizumab:

Il Bevacizumab (Avastin, Roche) è un anticorpo monoclinale (piccola molecola molto selettiva) diretto contro il VEGF (vascular endotelial growth factor) la cui efficacia è stata testata in diversi tumori solidi.

Uno studio di fase II* che confrontava il profilo di efficacia di Bevacizumab alla dose di 7,5 mg/Kg vs 15 mg/Kg endovena (ev) ogni 3 settimane, ha evidenziato che una più alta dose di farmaco si associava ad una più lunga sopravvivenza ma presentava una maggiore tossicità (dei 66 pazienti sottoposti a tale terapia 6 andarono incontro ad emorragia. Di queste 4 furono fatali). Si è inoltre osservata una maggiore tossicità nei pazienti con carcinoma polmonare squamoso.
Nello studio di fase III** si è pertanto deciso di optare per una dose più bassa di farmaco e di escludere i carcinomi ad istotipo squamoso.

*Studio di fase II: studio in cui si valutano:1) l’efficacia del farmaco sperimentale; 2) profilo di tossicità; 3) dose ottimale di farmaco, su un campione di pazienti più limitato rispetto agli studi di fase III.

**Studio di fase III: studio in cui il farmaco sperimentale è confrontato a placebo o alla “miglior terapia” in termini di maggiore efficacia, su campione di pazienti in genere molto più esteso.

 

Descrizione studio clinico:

nell’articolo vengono esposti i risultati di uno studio clinico di fase III randomizzato in cui sono stati arruolati 878 pazienti dal luglio 2001 all’aprile del 2004 affetti da carcinoma polmonare non a piccole cellule localmente avanzato (non candidabili a Radioterapia in quanto con presenza di versamento pleurico) e metastatico. Per essere incluso nello studio il paziente doveva presentarsi con un buon performance status (PS) e conservata funzione d’organo (ossia con esami ematochimici nella norma). Non erano ammessi nello studio i pazienti con carcinoma squamoso, con metastasi cerebrali e con storia clinica emorragica e/o in terapia con farmaci anticoagulanti (come per esempio CardioASA, TAO…).

L’obiettivo primario dello studio era la sopravvivenza (overall servival - OS), quello secondario era evitare la progressione di malattia dalla diagnosi iniziale (PFS = Progression free survival).

 

Conclusioni:
Dallo studio è emerso che l’associazione di Bevacizumab con trattamento chemioterapico è in grado di migliorare significativamente la sopravvivenza e l’intervallo di tempo libero da progressione di malattia. Questo beneficio è probabilmente imputabile alla capacità del Bevacizumab di “disorganizzare” la formazione di nuovi vasi da parte del tumore oltre che di migliorare il trasporto e quindi l’efficacia del chemioterapico al tumore.
Il profilo di tossicità di questo farmaco è però piuttosto consistente e va impiegato con estrema cautela. Si correla, infatti, con un’alta percentuale di neutropenia febbrile (significativo abbassamento dei globuli bianchi associato a febbre), mal di testa, ipertensione, proteinuria (presenza di proteine nelle urine). E’ inoltre emerso che il numero di decessi per eventi avversi era più alto nel gruppo che riceveva il Bevacizumab rispetto al gruppo di controllo.
Alla luce dei risultati ottenuti occorre dunque sottolineare che i vantaggi in termini di sopravvivenza non sono sufficientemente consistenti da giustificare l’impiego del Bevacizumab nel trattamento di I linea di tutti i tumori polmonari NON a piccole cellule.

 

 

 

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